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Informazione e suicidi: l'allarme degli psichiatri

Mercoledì 29 Luglio 2015

Il Consiglio regionale dell'Ordine dei giornalisti del Veneto ritiene utile condividere l'appello lanciato dal dott. Giancarlo Bonfante, direttore del Centro di Salute Mentale dell'Ulss 10, relativamente alla questione suicidi e al pericolo di emulazione che si sviluppa e alimenta a seguito della diffusione dei vari casi di cronaca attraverso i mezzi d'informazione.

La raccomandazione è di trattare con la massima cautela i casi di suicidio, evitando il facile sensazionalismo e riportando invece informazioni utili sui vari centri di prevenzione e aiuto sparsi sul territorio.

«Oggi, sempre più frequentemente, le notizie puntano sul coinvolgimento emotivo del pubblico e colpiscono direttamente l’inconscio delle persone. Per questo motivo è necessario porre la massima attenzione ai messaggi divulgati attraverso i mezzi di diffusione di massa. Tutti gli studi sulla comunicazione rilevano che più si parla di suicidi, con un linguaggio enfatico ed emotivo, e più avvengono fenomeni imitativi. Un semplice articolo di cronaca può suggerire il suicidio a molte persone, perché alcuni dettagli del resoconto sono in grado di stimolare l’immaginazione fino al punto che la tentazione a emulare quel comportamento può diventare irresistibile.
La questione non è nuova. È definita “effetto Werther”, cioè suicidio per emulazione. Dopo la pubblicazione del romanzo di Goethe “I dolori del giovane Werther”(1774), tutta Europa fu percorsa da un’ondata di suicidi ispirati dal personaggio del romanzo. Goethe stesso fece numerosi appelli perché non si imitassero i suoi personaggi letterari.
Scientificamente è dimostrato che il suicidio è spesso portato a compimento per effetto dell’imitazione e studi internazionali dimostrano che l'eccessiva attenzione dedicata dai mezzi d'informazione ai casi di suicidio induce pericolosi effetti di emulazione. Tutto questo accade, in particolare, a chi non possiede una “personalità strutturata”, cioè alle persone psicologicamente più fragili, o a chi attraversa un momento di particolare crisi, ma comunque tutti, in un modo o nell’altro, subiscono l’influenza delle notizie. Stimolato dalla notizia di un suicidio, chi ha represso per anni il pensiero di poter compiere quel gesto può attivare l’impulso ad agire. Questo avviene perché l’uomo è un essere sociale che tende a osservare le azioni degli altri per stabilire cosa è opportuno fare, soprattutto quando si sente di vivere una situazione molto simile, ad esempio una condizione sociale o di malattia. L’imitazione non si limita dunque ad anticipare degli eventi, cioè a far compiere prima suicidi che sarebbero stati comunque commessi dopo, ma ne provoca di nuovi.
Nel 2008 l’Organizzazione mondiale della sanità ha redatto un testo dal titolo “Preventing suicide”. Conteneva una serie di raccomandazioni con l’invito, fra l’altro, ai media di non presentare il suicidio come un modo ragionevole di risolvere i problemi, di evitare il posizionamento della notizia in primo piano e la descrizione del metodo di suicidio o del tentato suicidio con linguaggio sensazionalistico, di non esprimere giudizi e conclusioni sulle cause fornendo invece molte informazioni su centri di prevenzione e aiuto. Insomma, l’opposto di quel che possiamo trovare in tanti articoli di giornale o in servizi televisivi.
Come trattare le notizie che si riferiscono ai suicidi? Innanzitutto rispettando le indicazioni contenute nelle norme che già ci sono, dalla Carta costituzionale alla legge professionale, che stabiliscono principi come il rispetto della dignità della persona e l'essenzialità dell'informazione. Anche la libertà di stampa, come ogni altra libertà, richiede un continuo delicato bilanciamento fra pro e contro, fra rischio e interesse, perché al centro delle vicende vi sono sempre uomini, donne, ragazzi. Chiedo ai giornalisti di avere un ruolo positivo e propositivo nel fare il loro lavoro, di usare la massima cautela nell’informare sui suicidi, di non rendere il suicida un protagonista e di non dargli visibilità. Chiedo ai professionisti dell’informazione di massa di essere parte integrante di un esercito di forze sociali istituzionali e sanitarie che combatte un fenomeno terribile. Uno studio pubblicato nella rinomata rivista “British Journal of Psychiatry” conferma questa tesi: se si pubblicano articoli riguardanti persone che sono riuscite ad affrontare situazioni di crisi in modo costruttivo si ottiene un calo del tasso di suicidi nella settimana successiva alla pubblicazione».

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