Pareri di congruità

Lunedì 12 Marzo 2018

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Nel caso di contenzioso tra giornalista ed editore/committente relativo al compenso dovuto per l'attività giornalista svolta, il Consiglio dell'Ordine ha la possibilità di esprimere un parere di congruità sul compenso richiesto, sulla base di quanto previsto dagli articoli 2233 del codice civile e 636 del codice di procedura civile.

Per richiedere il parere di congruità è necessario compilare il modulo, inserendo tutte le informazioni richieste: deve essere illustrata in maniera dettagliata l'attività giornalistica svolta, producendo accordi e contratti, se esistenti, nonché tutto il materiale prodotto e la relativa fattura con il dettaglio del compenso e degli eventuali rimborsi spese richiesti.

Al momento della presentazione della domanda è previsto il versamento di un contributo di Segreteria di 50 euro.

Il parere di congruità può essere tenuto in considerazione dal giudice per la liquidazione del compenso dovuto.

TARIFFE PROFESSIONALI ABROGATE
Si rammenta che l'art. 9 del DL 1/2012 (convertito nella legge 27/2012, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n.71/2012) ha definitivamente abrogato le tariffe professionali. L'ultimo tariffario stabilito dall'Ordine dei giornalisti risale al 2007, dopo di che l'Antitrust ne ha chiesto la rimozione, in quanto ritenuto in contrasto con il principio di libera concorrenza.


EQUO COMPENSO
Nel giugno del 2014,  la Commissione istituita ai sensi dell'articolo  2 della legge 233/2012 aveva determinato l'equo compenso per il lavoro giornalistico, ma tale delibera è stata impugnata e quindi annullata dal Tar del Lazio nel 2015, con sentenza confermata, seppure con motivazione parzialmente diversa, dal Consiglio di Stato, in data 16 marzo 2016. Dunque le tabelle sull'equo compenso stabilite nel 2014 non sono in vigore, né l'apposita Commissione ne ha successivamente stabilite di nuove.

Il 6 dicembre del 2017 è entrata in vigore una nuova norma sull'equo compenso per i professionisti, inserita in un emendamento  nella legge di conversione del decreto fiscale n. 148/2017 (cd collegato fiscale).

La prima stesura della norma riguardava solo gli avvocati, ma successivamente è stata estesa a tutte le categorie di professionisti: da quelli iscritti ad un ordine professionale (avvocati, giornalisti, commercialisti, ingegneri, ad un collegio (geometri), o ad associazioni (infermieri), e troverà applicazione nei rapporti tra il lavoratore autonomo e l’azienda privata o pubblica.

La nuova legge prevede numerose misure e introduce un principio-tutela per il quale i professionisti avranno diritto ad un minimo sotto il quale non si potrà scendere, determinato proporzionalmente alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione.

Nel caso dei giornalisti il testo disciplina il cosiddetto equo compenso dovuto in caso di prestazioni erogate da coloro che lavorano come free lance, i titolari di Partita Iva e i co.co.co.

Di fatto, la normativa tende a garantire un compenso minimo a tutti i professionisti in modo da tutelare tutti i lavoratori che esercitano la professione con un riconoscimento economico “proporzionato” al lavoro svolto. Un principio che anche la Pubblica Amministrazione è tenuta a riconoscere.

La disposizione prende come riferimento i parametri giudiziari emessi dai Ministeri vigilanti sugli Ordini professionali (come quelli vigenti per gli avvocati), e per le altre categorie. Saranno necessari successivi interventi normativi per stabilire il quantum di questi minimi, ma la fissazione del principio è il primo passo al quale miravano le professioni.

La disciplina è diretta sia verso i rapporti tra privati sia verso la Pubblica Amministrazione, la quale in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo l’entrata in vigore della presente legge.


La legge stabilisce la vessatorietà di talune clausole, specificamente indicate, che i professionisti possono richiedere all’Autorità Giudiziaria di dichiarare nulle entro 24 mesi dalla firma del contratto – pur mantenendo la validità complessiva del contratto di lavoro.

Tra le varie clausole che possono ritenersi vessatorie vi sono quelle che prevedono l’anticipazione delle spese delle controversie a carico esclusivo del professionista, la dilatazione dei tempi di pagamento oltre 60 giorni dalla data di ricevimento della fattura, la possibilità di modificare il contratto unilateralmente da parte del committente, l’imposizione di una rinuncia al rimborso delle spese direttamente connesse alla prestazione dell’attività professionale oggetto della convenzione.

ANTITRUST
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con una segnalazione inviata ai presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri, ha espresso un giudizio negativo sull'equo compenso entrato in vigore il 6 dicembre 2017, sostenendo che reintroduce di fatto i minimi tariffari, costituendo perciò “una grave restrizione della concorrenza”.